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Durante la scuola primaria alcuni bambini, anche in classe, esplorano il proprio corpo e fanno autoerotismo. Non di rado genitori preoccupati, sollecitati da insegnanti in difficoltà, ci chiedono se l’autoerotismo è un sintomo di disagio.

I genitori di fronte all’autoerotismo dei figli
Il rapporto che i genitori hanno con l’autoerotismo e la masturbazione dei figli descrive il modo in cui hanno costruito la loro propria sessualità. Ogni genitore si confronta con questo tema a modo suo: ci sono genitori che escludono categoricamente che il loro bambino o la loro bambina si masturbi o si cerchi di provare piacere attraverso l’esplorazione; altri che tollerano l’autoerotismo solo a casa oppure da una certa età in poi oppure solo per il figlio maschio; altri che ancora oggi vedono l’autoerotismo quasi come una malattia.

Autoerotismo, disagio e regole sociali
Ricorrere all’autoerotismo non è di per sé sintomo di patologia o disagio. Basti pensare che fin dai primi attimi di vita la stimolazione delle zone erogene e degli organi sessuali, essendo fonte di piacere, viene attivamente ricercata dai piccoli. Quando diviene possibile per il bambino il controllo volontario dei movimenti (a sei-sette mesi), iniziano le prime attività auto-stimolatorie dirette nei maschi, mentre nelle femmine, l’auto-stimolazione e l’auto-esplorazione compaiono più tardi (a dieci-undici mesi) prevalentemente sotto forma di stimolazione indiretta, ad esempio dondolandosi, strusciandosi o stringendo le cosce ecc.
Quindi ricorrere all’autoerotismo è importante e deriva dalla scoperta di uno strumento adatto a soddisfare bisogni fisici e psicologici. Tuttavia, le regole sociali impongono che ci siano comportamenti che si possono fare in pubblico e altri che non si possono fare: i bisogni fisiologici si fanno in bagno, non si mettono le dita nel naso, si dorme di notte, si mangia a tavola, si esce di casa vestiti ecc. Nell’educare un bambino il genitore progressivamente deve introdurre queste regole. in età scolare ancora qualcosa sul tema dei luoghi della sessualità può essere da chiarire al bambino: è il momento nel caso di affrontare la questione in modo aperto e diretto.

Noia e frustrazione
A scuola, dove il corpo è obbligato all’immobilità e dove non è possibile decidere cosa fare e cosa non fare, il senso di frustrazione e noia possono spingere il bambino ad usare l’autoerotismo come “consolazione” o “divertimento”. Quando questo accade è bene non rimproverare il bambino e cercare di cogliere la sua noia e la sua frustrazione concedendogli di distrarsi (permettergli ad esempio di andare a fare un giro oppure di alzarsi ecc.).

Quando rivolgersi ad un professionista
Come detto l’autoerotismo non va condannato né sanzionato. Si può e si deve educare il bambino a discernere i luoghi e i momenti adatti, favorendo anche così lo sviluppo di una sessualità consapevole. Quando il ricorso all’autoerotismo è molto frequente e accentuato per prima cosa è bene chiedersi se la qualità di tempo che i genitori dedicano al figlio è adeguata e se non ci sono conflitti importanti nel sistema famiglia: spesso bastano poche attenzioni in più per ridurre le frustrazioni e far tornare il tutto entro comportamenti adeguati e accettabili.
È invece il caso di contattare uno specialista se tali attenzioni non raggiungono lo scopo, se il conflitto familiare è molto alto e soprattutto quando il bambino mostra altri segnali di disequilibrio. L’intervento clinico a quel punto, basandosi su una attenta osservazione della situazione, potrò essere indirizzato alla promozione di un cambiamento:

  • aiutando i genitori a leggere quel comportamento all’interno delle dinamiche sociali-scolastiche e/o familiari
  • permettendo al bambino di conoscere la propria corporeità in connessione con le emozioni e i pensieri, trovare una rinnovata fiducia in sé, vincere le frustrazioni e le eventuali angosce

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