Il successo e il fallimento fanno parte della vita. Entrambi vanno saputi affrontare, accettare, elaborare. Sì, a volte anche il successo è difficile da accettare.
La sindrome dell’impostore
La psicologa americana Pauline Rose-Clance parlò negli anni ’70 della “sindrome dell’impostore”. In realtà specificava che non si tratta di una vera sintomatologia o di un disturbo quanto piuttosto di un’esperienza che fanno alcune persone che si sentono “illegittime”, indipendentemente dai risultati che ottengono. La sindrome dell’impostore è un meccanismo psicologico che non consente loro di nutrirsi dei propri successi: queste persone hanno la sensazione di ingannare gli altri riguardo alle loro capacità e provano una grande ansia al pensiero di poter un giorno essere smascherate. Hanno grandi difficoltà a prendersi il merito del loro successo, che collegano a fattori totalmente indipendenti da loro, non provano mai soddisfazione e non hanno la sensazione di aver compiuto il proprio dovere perché ciò che ottengono viene costantemente svalutato e minimizzato.
Chi sono le persone che hanno la sindrome dell’impostore?
Persone che lavorano strenuamente fino all’ultimo minuto, senza tener conto della loro fatica, e anche quando terminano il lavoro, magari con successo, collegheranno il i loro risultati alla quantità di lavoro svolto piuttosto che alle loro effettive capacità.
Persone che fanno di tutto per fallire e dimostrare la loro illegittimità in modo da confermare a loro stessi le inadeguatezze.
L’autostima
Le persone con una buona autostima, o autostima positiva, sono in grado di attribuire il proprio successo al merito personale, di creare un collegamento tra il loro successo e il loro know-how. Sono consapevoli delle proprie capacità e le mettono insieme a fattori esterni e al caso. Hanno dunque fiducia in se stessi e ritengono di poter fare affidamento sulle proprie capacità. Sanno riconoscere le proprie capacità e l’esperienza acquisita li rafforza in questo senso.
Chi vive la sindrome dell’impostore, all’opposto, non hanno queste certezze. Banalizza il proprio successo considerando che tutti avrebbero potuto fare quello che hanno fatto loro. Oppure, agisce in modo di non ave successo, così può dimostrare a se stesso la propria teoria. Vive in uno stato di tensione permanente, che non trova sollievo.
Liberarsi dalla sindrome dell’impostore
“Quel che sono è sufficiente, se solo riesco ad esserlo”. Questa frase di Carl Rogers è l’essenza della psicoterapia con persone che hanno la sindrome dell’impostore. Il lavoro terapeutico, fatto di relazione, conversazione, tecniche esperienziali focalizzate sulle emozioni e di ricerca di significato consente alla persona con sindrome dell’impostore di accettarsi per quel che è, di sentirsi un individuo di valore degno di essere amato. L’autostima positiva che ne deriva rende il fallimento qualcosa di affrontabile e il successo qualcosa di percorribile, senza la paura di trovarsi prima o poi smascherati e nudi. Fare psicoterapia è la strada che può modificare una fatica perenne, una tensione costante, in un più rilassato stare con se stessi il mondo circostante.
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