L’esempio più comune che si fa quando si parla di autolesionismo riguarda i tagli. Infliggersi tagli, infatti, è quasi per antonomasia sintomo di autolesionismo. Tuttavia, si considera autolesionismo tutti quei comportamenti finalizzati a danneggiare il proprio corpo.
Autolesionismo
Come detto, l’autolesionismo è il danneggiamento diretto e intenzionale del proprio corpo. È un comportamento che riguarda quasi il 20% degli adolescenti e dei giovani adulti, ma può anche comparire o essere presente ad ogni età. In caso di disturbo dell’umore, disturbo d’ansia o di un disturbo della sfera psicotica il comportamento autolesivo è più probabile, anche se in realtà spesso si presenta anche in persone che non hanno disturbi rilevanti.
La sofferenza
Indipendentemente dalle categorie diagnostiche l’autolesionismo deriva da una sofferenza. Anzi, è il tentativo di lenire o spostare sul corpo la propria sofferenza, spesso, anche se non sempre, nel tentativo che gli altri possano accorgersi con questo simbolo “esterno” che c’è un problema da vedere. In genere non si tratta di teatralità, bensì del modo che la persona sente più accettabile di mostrare che sta soffrendo. In altri casi è un modo estremo per far capire agli altri ciò che altrimenti stentano a capire.
L’autolesionismo infatti può essere un tentativo di regolazione emotiva, una punizione autoinflitta o un modo per comunicare.
Tipi di autolesionismo
Si definisce autolesionista la persona che mette in atto un comportamento autolesivo o che ha pensieri autolesivi particolarmente frequenti. Le forme più “famose” di autolesionismo sono il tagliarsi e il bruciarsi. Ma anche l’abuso di sostanze psicoattive, la sessualità promiscua e il gioco d’azzardo possono essere usati dalla persona in modo deliberatamente autolesionista. Infine, l’auto-avvelenamento (ingestione di sostanze tossiche o pericolose o l’overdose intenzionale di droghe) può essere considerato gesto autolesionistico.
Terapia
Togliere il sintomo in questo caso ancor più che in altri può non essere risolutivo. Occorre occuparsi della sofferenza. Bisogna aiutare la persona a riconoscere, esprimere e regolare l’esperienza emotiva e corporea…in sintesi una psicoterapia finalizzata a ritrovare un nuovo equilibrio, ma soprattutto una nuova consapevolezza di sé e, di conseguenza, una espressione più coerente delle proprie emozioni e dei propri bisogni.
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