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Quali sono i DSA?
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), secondo i manuali diagnostici sono il Disturbo specifico della lettura (Dislessia), il Disturbo specifico della compitazione (Disortografia), il Disturbo specifico delle abilità aritmetiche (Discalculia) e la Disgrafia, categorizzata sotto la famiglia degli  “Altri disturbi evolutivi delle abilità scolastiche”. Questi disturbi possono presentarsi isolatamente oppure insieme nella stessa persona ed essere accompagnati da altre difficoltà che rendono complicato l’adattamento alla vita quotidiana, principalmente rispetto all’ambiente scolastico prima e lavorativo poi. Oltre a ciò spesso si associano a, o contribuiscono a creare/aumentare, difficoltà emotive-affettive che condizionano le relazioni sociali.
I DSA sono alcuni dei principali Bisogni Educativi Speciali (BES) che rappresentano particolari esigenze educative.

I DSA sono “Disturbi” o “Difficoltà”?
In termini diagnostici un “disturbo” dell’apprendimento si differenzia da una “difficoltà” in quanto le prestazioni specifiche, misurate con appositi test standardizzati somministrati individualmente, risultano significativamente al di sotto della media (almeno 2 deviazioni standard), mentre si intendono “difficoltà” quelle che richiedono una attenzione clinica e non solo didattico-educativa e sono individuate da performance sotto la media di riferimento, le quali non oltrepassano il “valore soglia”.
Da un punto di vista clinico la distinzione risulta abbastanza irrilevante, anche perché non esiste una persona uguale ad un’altra e non è tanto (o soltanto) la misura della prestazione che può determinare l’esigenza di un percorso di aiuto.

I DSA sono “disturbi” o “caratteristiche”?
Le persone con DSA costituiscono una percentuale significativa della popolazione generale. Queste persone sono esposte al rischio di non sviluppare in pieno le proprie potenzialità o di andare incontro a difficoltà di adattamento rilevanti.
Un Disturbo Specifico dell’Apprendimento è l’esito di una interazione fra l’ambiente e una specifica modalità di funzionamento del cervello. Con ciò si fa riferimento al concetto di neurodiversità che richiede una particolare adattamento all’ambiente da parte della persona: in questo senso è corretto definire un DSA come una caratteristica. Dato però che la caratteristica in questione non rende facile l’adattamento all’ambiente ecco che siamo di fronte ad un vero e proprio disturbo.
Se vedere i DSA come caratteristiche può favorire  una rappresentazione non stigmatizzante del funzionamento delle persone con difficoltà di apprendimento, si corre però il rischio di dar luogo soltanto ad attenzioni didattico-educative orientate a limitare gli effetti del problema e a garantire un apprendimento adeguato “nonostante il” disturbo. Il termine “disturbo” infatti ha il pregio di suggerire l’attivazione di aiuti clinici adeguati allo sviluppo. Questa dicotomia peraltro potrebbe benissimo essere superata se, anziché ricorrere a classificazioni diagnostiche etichettanti e sanitarizzanti, si allargasse il concetto di difficoltà: da un punto di vista pedagogico e didattico vedere il problema in termini di difficoltà (osservando quali sono le specifiche difficoltà che la persona manifesta) porterebbe a far assumere all’insegnante la responsabilità di una personalizzazione della didattica capace di garantire il maggior successo possibile, mente contemporaneamente da un punto di vista clinico l’azione sarebbe rivolta a diminuire l’entità della difficoltà stessa e a modificare gli aspetti che rendono più probabile il manifestarsi del problema. Oltre a questo passaggio culturale sarebbe inoltre necessario non dimenticarsi mai che ogni persona prima ancora delle difficoltà possiede anche delle abilità e delle potenzialità.

Quale normativa tutela gli alunni con DSA?
I DSA sono tutelati dalla Legge 170/2010 che dà diritto alla personalizzazione dell’apprendimento per quanti hanno una certificazione di Disturbo Specifico dell’Apprendimento.

Quale normativa tutela gli alunni con BES?
I BES sono tutelati dalla Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 e le successive circolari ministeriali le quali estendono a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento.

Un Disturbo Specifico dell’Apprendimento è ereditario? C’entra la genetica?
Ognuno di noi eredita dai propri genitori un patrimonio genetico e dato che i DSA hanno uno base neurobiologica, cioè derivano da un funzionamento neurobiologico specifico, si può dire che certamente la genetica c’entra. Tuttavia, per ogni cosa la nostra neurodiversità (ognuno in effetti ha un modo di funzionare diverso) entra in relazione con uno specifico ambiente. Ambiente e patrimonio genetico si influenzano vicendevolmente e contribuiscono alla costruzione della persona come essa si manifesta in momento del suo percorso di vita. Se in famiglia ci sono delle persone con diagnosi di DSA non occorre sottoporre a accertamenti tutti i componenti del nucleo familiare almeno che non vi siano manifeste difficoltà.

Come “funziona” la diagnosi?
La diagnosi specialistica è un percorso complesso e transitivo composto da Analisi della domanda, Ricerca di eventuali deficit sensoriali o neurologici, Anamnesi e osservazione, Analisi dei quaderni scolastici, Assessment Psicomotorio, Assessment delle caratteristiche personologiche e psico-relazionali, Valutazione cognitiva delle intelligenze, Verifica delle competenze nella lettura, nell’ortografia, nel controllo del gesto tracciante e nell’elaborazione logico-matematica.
In pratica, a seguito di un primo colloquio si fanno alcuni approfondimenti anche con l’utilizzo dei test che conducono alla formulazione diagnostica e alla restituzione alla persona di quanto osservato. Ciò comporta un impegno che va mediamente da 4 a 6 incontri di un’ora ciascuno, più o meno “compattabili”. Diagnosi effettuate in meno di due ore o tutte concentrate in una mezza giornata (fatte salvi i casi di persone che provengono da fuori regione) non possono essere diagnosi fatte bene.

Quando possono essere diagnosticati?
La diagnosi di dislessia, disortografia e disgrafia non può essere effettuata prima della fine della II classe di scuola primaria, mentre la diagnosi di discalculia non prima della fine della III classe di scuola primaria.

Basta un test per individuare una Dislessia?
No. Ogni diagnosi in ambito degli apprendimenti deve prevedere un approfondimento degli aspetti cognitivi (il QI per intenderci), un approfondimento o l’esclusione rispetto a disturbi neurologici e neurosensoriali, nonché una indagine condotta almeno su tutte le quattro aree delle abilità di apprendimento: lettura, ortografia, grafia, logico-matematica. Per la legge 170/2010 questo è sufficiente, ma per la formulazione di una  diagnosi fatta bene non si possono ignorare le altre funzione cognitive (linguaggio, percezione, prassie motorie, attenzione, memoria ecc.) e gli aspetti emotivo-affettivi e socio-relazionali.

Che differenza c’è fra “diagnosi” e “certificazione”?
La diagnosi è il processo attraverso il quale si giunge all’identificazione del disturbo. La legge 170/2010 e tutte le norme formulate per la sua attuazione  chiedono esplicitamente di ricorrere al sistema nosografico classificatorio dell’ICD-10, la “Classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati” stilata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La diagnosi funzionale in particolare descrive il profilo di funzionamento e interessa la valutazione delle abilità fondamentali o complementari (linguistiche, percettive, prassiche, visuomotorie, attentive, mnestiche), dei fattori ambientali e delle condizioni emotive e relazionali; comprende inoltre l’esame della comorbidità, intesa sia come co-occorrenza di altri disturbi specifici dell’apprendimento sia come compresenza di altri disturbi evolutivi.
Ai fini dell’erogazione delle misure dispensative e degli strumenti compensativi previsti dalla L. 170/2010, tale diagnosi deve avere valore certificatorio. Tutti i servizi pubblici sono autorizzati a rilasciare certificazioni, mentre per il privato le eventuali modalità di accreditamento per poter rilasciare tale certificazione variano di regione in regione. La certificazione viene redatta dall’équipe multidisciplinare composta da Neuropsichiatra Infantile, Psicologo, Logopedista e eventualmente altri professionisti sanitari.
Come ben specifica la nota 2563 del 22/11/2013 del MIUR  «Per “certificazione” si intende un documento, con valore legale, che attesta il diritto dell’interessato ad 53 avvalersi delle misure previste da precise disposizioni di legge le cui procedure di rilascio ed i conseguenti diritti che ne derivano sono disciplinati dalle suddette leggi e dalla normativa di riferimento. Per “diagnosi” si intende invece un giudizio clinico, attestante la presenza di una patologia o di un disturbo, che può essere rilasciato da un medico, da uno psicologo o comunque da uno specialista iscritto negli albi delle professioni sanitarie».

Esiste la diagnosi di BES?
No, si tratta di una definizione pedagogica e non clinica. Il termine BES non indica un’etichetta diagnostica, sebbene alcuni alunni con Bisogni Educativi Speciali posseggano una diagnosi: per esempio i DSA, il Funzionamento Intellettivo Limite (FIL), i Disturbi Specifici del Linguaggio (DSL), il Disturbo della Coordinazione Motoria ecc.

Un alunno con DSA o con un altro Bisogno Educativo Speciale può avere l’insegnante di sostegno?
Solo se è in possesso di una certificazione ai sensi della Legge 104/1992, per esempio in virtù della presenza di altri disturbi e di un quadro funzionale particolarmente grave.

Se la famiglia è in possesso di una diagnosi di DSA, ma non della certificazione, cosa deve fare?
La famiglia deve consegnare la diagnosi di DSA alla scuola, chiedendo che venga protocollata. La Circolare Ministeriale n.8 del 6 marzo 2013 riporta che «per quanto riguarda gli alunni in possesso di una diagnosi di DSA rilasciata da una struttura privata, si raccomanda – nelle more del rilascio della certificazione da parte di strutture sanitarie pubbliche o accreditate – di adottare preventivamente le misure previste dalla Legge 170/2010, qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibili al disturbo”. Con una diagnosi privata occorre inoltre che la famiglia si metta in contatto con la ASL al fine di “convertire” tale diagnosi in certificazione. È facoltà ovviamente della ASL di chiedere integrazioni diagnostiche per formalizzare la certificazione.

Dopo aver ottenuto la certificazione di DSA, cosa deve fare la famiglia?
La famiglia deve consegnare la certificazione di DSA alla scuola, chiedendo che venga protocollata.

Quando e come deve essere predisposto un Piano Didattico Personalizzato?
Il Piano Didattico Personalizzato (PDP) è obbligatorio solo in caso di Bisogni Educativi Speciali che rientrano nei DSA (L.170/2010) o nelle disabilità (L.104/92), mentre può essere deciso autonomamente dalla scuola nel caso di altri disturbi (con diagnosi sanitaria) o nel caso di svantaggio, sulla base di motivazioni psicopedagogiche e/o didattiche che devono essere esplicitate.
Il PDP va redatto entro il primo trimestre dell’anno scolastico di riferimento. Nel caso in cui la diagnosi venga presentata in corso d’anno il PDP deve essere redatto in tempo utile per le valutazioni in itinere e finali.  La redazione del PDP è di competenza della scuola, ma è prevista la collaborazione della famiglia.
Per ciascuna materia o ambito di studi la scuola individua gli obiettivi ed i contenuti fondamentali che l’allievo deve acquisire nell’anno scolastico; precisa le strategie metodologico-didattiche a lui  più adatte; indica la giusta quantità di compiti e di richieste in fase di verifica e l’uso di mediatori didattici che possono facilitargli l’apprendimento. Devono essere, infatti, precisate le modalità di verifica  e i criteri di valutazione.
Il PDP deve essere firmato necessariamente dal Dirigente scolastico, responsabile legale della scuola, dagli insegnanti del team docenti o del consiglio di classe e dalla famiglia. L’eventuale non condivisione da parte dei genitori della stesura del PDP non esime i docenti dal farsi carico delle difficoltà dell’alunno e dall’attivare un percorso personalizzato non formalizzato, che rientra in una normale azione didattica e non richiede l’acquisizione di un’autorizzazione ufficiale da parte della famiglia.

Un DSA può bocciare o essere rimandato?
Sì. La certificazione DSA o la formulazione del PDP non assicurano la promozione. Ciascun alunno deve infatti dimostrare il profitto che riesce a realizzare impegnandosi nell’attuazione del progetto.

La diagnosi/certificazione ha una scadenza?
No, non scade, non si tratta di un barattolo di fagioli. Si consiglia di rinnovarla e aggiornarla ogni 3 anni e/o a ogni cambio di ciclo scolastico al fine di ottimizzare le azioni didattico-educative e cliniche.

Ci sono agevolazioni per i genitori?
Le famiglie degli alunni del primo grado di istruzione hanno diritto a poter beneficiare nel lavoro di forme di flessibilità oraria per garantire ai figli un’assistenza extrascolastica. Questo diritto è vincolato all’essere impegnati direttamente nell’assistenza alle attività scolastiche a casa o per accompagnare i propri figli a visite specialistiche.
Quanto alla deducibilità delle spese sostenute dalle famiglie la normativa è in evoluzione.
Recentemente (gennaio 2018) il Tribunale di Firenze ha stabilito che l’INPS deve pagare l’indennità di frequenza prevista dalla legge 289/1990 anche a dei genitori con un figlio con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, ritenuto “minore con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie dell’età”. Una sentenza simile era stata già emessa dal Tribunale di Prato nel 2015.

DSA ed esame della patente: che bisogna fare?
Le persone che hanno una certificazione attestante la presenza di un Disturbo Specifico della Lettura (Dislessia) o di un Disturbo Specifico della Compitazione (Disortografia) possono chiedere di usare i file audio per la lettura vocale dei quiz. Per avere questo diritto occorre, oltre alla certificazione, un ulteriore certificato di un medico neuropsichiatra che attesti esplicitamente che il candidato “è affetto da disturbo specifico di apprendimento della lettura (o dislessia) e/o scrittura (o disortografia)”. Sì, ok, la dicitura è orrenda, ma così si è espresso il Ministero dei Trasporti.

DSA ed esami di ammissione all’università: è possibile avere una verifica personalizzata?
Agli studenti con DSA sono garantite adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all’università nonché gli esami universitari. La presentazione della diagnosi consente di accedere ai test di ammissione con alcune modalità precise: tempi aggiuntivi fino ad un massimo del 30% in più e misure dispensative o strumenti compensativi extra nei casi di particolare gravità in modo tale da garantire pari opportunità.

Avere un DSA all’Università: come mi tutela la legge?
Una certificazione di DSA permette di usufruire di tutti i provvedimenti didattico-educativi come per gli altri ordini di scuola, fra i quali: verifiche orali anziché scritte; prove scritte ridotte quantitativamente e non qualitativamente; non conteggiare gli errori ortografici, utilizzo di testi digitali o di programmi di sintesi vocale ecc.

La diagnosi di DSA negli adulti è possibile?
Sì. La diagnosi negli adulti è ad oggi resa complicata dal fatto che non vi sono strumenti diagnostici costituiti ad hoc per valutare tutte le componenti degli apprendimenti nell’adulto e spesso le prove presenti sono state standardizzate su piccoli campioni o addirittura su campioni non rappresentativi dell’età adulta. In pratica la diagnosi negli adulti segue più o meno le stesse modalità di una diagnosi in età scolastica, concentrandosi maggiormente sulle funzioni esecutive.  Per quanto riguarda nello specifico i test, attualmente vi sono batterie standardizzate in grado di valutare le competenze linguistiche, la lettura, la scrittura, l’attenzione e la memoria, mentre i test per gli aspetti logico-matematici e per la componente grafica della scrittura hanno campioni di riferimento di età inferiore i quali tuttavia consentono di fare inferenze sulle abilità specifiche di calcolo.

Si guarisce da un Disturbo dell’Apprendimento?
No. Prima di tutto perché non è una malattia, non è qualcosa di “esterno” che colpisce una persona, ma è l’interazione fra degli aspetti neurobiologici e le abilità di adattamento all’ambiente.  Un intervento clinico è finalizzato a diminuire le difficoltà, sviluppare le potenzialità e le abilità, favorire lo sviluppo emotivo-affettivo, diminuire, in termini di performance, il “gap” con il campione di riferimento normativo.

Un intervento che benefici dà?
Dipende da tipo di intervento.
Per quanto attiene ad un intervento di abilitazione-riabilitazione psicologica secondo un modello multimodale gli obiettivi possono distinguersi in settoriali e globali. Saremo contenti di vedere non soltanto un miglioramento delle performance nella lettura, scrittura e calcolo, ma anche  quell’aggiustamento funzionale necessario a trovare le strategie adattive per confrontarsi al meglio con l’ambiente che la circonda. L’obiettivo è di ottenere un cambiamento clinicamente significativo delle prestazioni in termini di correttezza e rapidità, ma anche di alimentare il senso di autoefficacia, l’autostima, le abilità nell’espressioni di sé, nell’occupazione dello spazio e nella padronanza del proprio corpo significate.
L’intervento logopedico, invece, si concentra sulla riabilitazione settoriale degli aspetti linguistici implicati nei diversi disturbi dell’apprendimento attraverso esercizi strutturati finalizzati primariamente a potenziate la velocità e la correttezza nell’esecuzione di compiti di lettura, ortografia e, in parte, calcolo.
Per quanto concerne un intervento pedagogico clinico l’obiettivo è quello soddisfare i bisogni educativi della persona grazie a modalità educative indispensabili al rafforzamento delle capacità individuali e al progresso culturale e sociale. Un’educazione che consiste nell’espandere tutte le abilità della persona (globalità), un obiettivo realizzato anche attraverso metodologie idonee a dare al soggetto la possibilità di prendere coscienza del proprio corpo, delle proprie emozioni e sensazioni e del proprio autentico linguaggio espressivo. L’intervento cerca di raggiungere una crescita complessiva, globale della persona in termini di potenzialità, abilità e disponibilità.
Per quanto riguarda l’intervento psicomotorio funzionale si tratta di attuare una educazione attraverso il movimento per esaltare le potenzialità del soggetto verso la conquista dell’unità e della coerenza della propria vita psichica e sociale. L’obiettivo è di garantire lo sviluppo della persona nella sua unicità, un obiettivo quindi di tipo globale, un apprendimento corporeo-relazionale che va oltre gli apprendimenti scolastici.
Qualsiasi intervento clinico ha comunque un valore aggiunto rispetto al solo adeguamento della didattica.

Queste sono le domande che più frequentemente ci vengono rivolte nell’ambito dei DSA. Se ne hai altri o sei interessato ad una diagnosi e/o ad un intervento specialistico contatta il Centro Studi Specialistici Kromos attraverso il nostro form oppure chiamaci.

Dott. Simone Pesci (Contatto diretto Tel. 333.9640032)
Dott. Guido Pesci (Contatto diretto Tel. 055.6531816 c/o ISFAR)
Dott.ssa Marta Mani (Contatto diretto Tel. 3479460319)
Dott. Lapo Zoccolini (Contatto diretto Tel. 3392466670)

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