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La questione dei compiti a casa è molto calda. Da un lato c’è chi dice che servono, che si sono sempre fatti, che uno studente è studente anche quando torna a casa; dall’altro c’è chi dice “basta compiti” cavalcando, a volte demagogicamente, il malcontento per uno strumento educativo spesso mal usato.
Il problema dei compiti a casa in realtà si inserisce all’interno delle più ampie criticità espresse dalla scuola italiana: eccesso di verifiche, tendenza al nozionismo, ansia di produrre quantità in tempi brevi, l’ossessione di rispettare i programmi,  scarsa inclusività per chi rimane indietro ecc. sono solo alcuni dei problemi irrisolti dell’educazione scolastica in Italia che ancora oggi è considerata “istruzione”. Non è un caso se l’Italia è uno dei paesi in cui si sta più ore a scuola e si studia di più a casa e allo stesso tempo è uno dei paesi con il rendimento medio più basso.

Dove nasce il problema dei compiti a casa

  1. La società è portata a vedere nella produttività il valore delle persone
  2. Le famiglie oggi non si fidano – e in qualche caso fanno bene – degli insegnanti.
  3. I genitori frequentemente sono portati a risolvere i problemi dei figli e si sentono costretti a “seguire” i loro bambini e ragazzi senza concedere il beneficio della fiducia e l’autonomia.
  4. I genitori fanno fatica a far rispettare una disciplina. I figli si lamentano die compiti e la prima risposta di solito è “poverino, hai ragione…se non ce la fai ti faccio la giustificazione”
  5. Gli insegnanti non riescono a comunicare ad alunni e genitori il senso e gli obiettivi dei compiti che danno
  6. Gli insegnanti spesso danno quantità di compiti che limita il tempo libero e lo stare (bene) in famiglia
  7. Gli insegnanti quasi sempre assegnano  compiti ripetitivi basandosi sulle cose da fare e non sugli obiettivi di apprendimento: “studiate da pagina x a pagina y” anziché “vorrei che impariate/ripassate in che modo Giulio Cesare prese il potere…”
  8. Gli insegnanti quasi sempre assegnano compiti uguali per tutti. Se si guarda la quantità, ci sono bambini che fanno i compiti in un terzo del tempo rispetto ad altri; se si guarda la qualità, ogni bambino ha un potenziale di sviluppo e delle abilità differenti. Due motivi che basterebbero da soli a giustificare la personalizzazione dei compiti a casa.

Compiti a casa: la nostra posizione
Così come sono dati nella maggior parte dei casi sono “frutto di un criterio antipedagogico di una scuola insufficiente a svolgere il proprio ruolo nel rispetto dell’allievo e della società” e sottraggono “quel poco tempo che al termine di una giornata lavorativa i genitori hanno a disposizione per stare con i propri figli in un clima di serenità e di tranquillità emotiva”.
Se assegnati bene, però, i compiti a casa possono essere un valido supporto didattico. Occorre tuttavia darne in quantità giusta, personalizzarli, ancorarli ad obiettivi di apprendimento, promuovere la voglia dello studente di migliorarsi, di sapere di più e meglio, di condividere anche con i genitori le sue scoperte. I compiti a casa non devono essere né il mezzo per fare ciò che non si riesce a fare in classe né una perdita di tempo né una ripetizione meccanica. Devono essere dati e svolti secondo le capacità dello studente e pertanto fatti in piena autonomia. Solo così i compiti possono servire a qualcosa.

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