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L'Attacco di Panico: sintomi, cause, psicoterapia

L’attacco di panico è un episodio improvviso di intensa paura in cui la persona avverte un senso di pericolo o di catastrofe imminente, e che le fa vivere la necessità di allontanarsi immediatamente dal luogo in cui si trova.

L’attacco di panico, in genere, raggiunge il suo apice in meno di 10 minuti e la fase acuta può durare dai 15 ai 30 minuti e si caratterizza da alcune di queste manifestazioni: sudorazione, palpitazioni, tremori, brividi o vampate di calore, sensazione di soffocamento o asfissia, difficoltà nella respirazione; dolore al petto, nausea, vertigini, sensazione di avere la testa vuota paura di impazzire, paura di morire; derealizzazione (alterazione della percezione del mondo, che appare strano o irreale) o depersonalizzazione (sensazione di distacco dal proprio corpo) ecc.

L’attacco di panico, soprattutto quando si ripete più volte (Disturbo di panico), può portare la persona a mettere in atto condotte di evitamento, quali ad esempio evitare di andare nei luoghi in cui pensa che l’attacco si possa ripetere o aver paura di andare al supermercato, di guidare o di trovarsi in mezzo alla folla ecc. In molti casi succede che a seguito di uno o più attacchi di panico la persona tenda ad uscire meno di casa se non accompagnata da qualcuno o strutturi fobie come la fobia sociale o l’agorafobia.

Molte persone sperimentano attacchi di panico occasionali, manifestazioni di per sé non eccessivamente preoccupanti. Se, tuttavia, vi è una paura persistente di avere altri attacchi nel futuro o se gli attacchi di panico si ripetono più volte, questo è il segnale che si dovrebbe considerare l’aiuto specialistico.

Psicologia degli Attacchi di Panico

Le persone che presentano attacchi di panico spesso hanno esperienze precoci di iperprotezione da parte delle figure genitoriali che tendenzialmente connotano il mondo esterno come pericoloso e danno molta importanza alle malattie e alla vulnerabilità fisica e psicologica del figlio. Frequentemente, in modo più o meno esplicito, sono genitori che hanno una visione del figlio come debole, incapace di gestirsi autonomamente senza controllo e protezione, definizioni che portano con sé una tendenza all’ipercontrollo, all’intrusività e alla limitazione dell’esplorazione autonoma dell’ambiente con una definizione di regole di obbedienza non legate alla performance, ma all’obbedienza in sé. Più tardi ciò si può tradurre anche in un controllo delle relazioni interpersonali e delle scelte di vita così come nell’inibizione delle manifestazioni emotive. Tutto questo può contribuire ad una costruzione dell’identità personale come debole, bisognosa di controllo e protezione perché non in grado di affrontare da solo un mondo pericoloso e allo stesso tempo generare ipersensibilità e intolleranza alle situazioni costruite come costrittive. Se da una parte la persona può sentire il bisogno di dipendenza da figure rassicuranti dall’altra avverte la necessità di una completa libertà e autonomia: così si può instaurare uno sviluppo graduale di schemi centrati sul controllo rispetto a sé e al mondo esterno per difendersi la presunta debolezza personale e dal rischio di un distacco emotivo dalle figure di attaccamento così come dal rischio di eventuali perdite affettive.

L’adozione massiva di schemi di controllo definisce però una situazione paradossale nella quale per essere libero è necessario controllare e controllarsi, ma ciò implica una riduzione della libertà, in quanto più la persona sente la necessità di controllo più dipende dagli altri e più teme le proprie emozioni più non le riconosce. Lo scompenso allora può verificarsi quando la persona costruisce specifiche situazioni di vita come eccessivamente sbilancianti nel senso di una perdita di protezione (per esempio matrimonio, crisi coniugale, innamoramento nei confronti di una persona diversa dal partner, morte di una figura di attaccamento) o di una limitazione della libertà personale (per esempio nascita di un figlio, progressioni di carriera, trasferimenti di domicilio o di sede lavorativa). Quando prevale l’utilizzo di schemi di debolezza o non autonomia può verificarsi la sintomatologia tipica degli attacchi di panico.

Psicoterapia per persone con Attacchi di Panico

Di fronte ad un problema di attacchi di panico, lo psicoterapeuta si pone l’obiettivo di accompagnare la persona nella rilevazione e risistemazione di suoi contenuti emotivi e automatismi psicologici, dei quali non ha consapevolezza, e di risvegliare le porzioni fondamentali della conoscenza del sé che giacciono sono poco esplorate poiché disturbanti, perturbanti o dolorose. La psicoterapia degli attacchi di panico è finalizzata a consentire alla persona di raggiungere una maggiore sicurezza attraverso un’esplorazione progressivamente più libera: progressivamente può divenire consapevole di ciò che le accade tanto da permettersi di esplicitare le emozioni tacite, silenti e mettere a fuoco le emozioni e i ricordi che in genere vengono allontanati.

L’approccio psicoterapeutico adottato dai professionisti del Centro Studi Specialistici Kromos di Firenze è finalizzato ad un cambiamento strutturale dell’identità personale piuttosto che all’eliminazione dei sintomi: l’obiettivo infatti, per ottenere risultati duraturi nel medio-lungo termine, non è togliere semplicemente il sintomo, ma lavorare per aiutare la persona ad avere sempre meno bisogno di mettere in atto quei comportamenti e quei meccanismi compensativi che producono la sofferenza che porta agli attacchi di panico.

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